La riconducibilità delle Initial Coing Offering (ICO) nell’ambito dell’offerta al pubblico di prodotti finanziari

Maggio 10, 2020

Nell’ordinamento italiano la qualificazione giuridica dei token deve essere effettuata caso per caso, avuto riguardo alla natura dei diritti incorporati nel token. Questi ultimi, applicando il principio di neutralità tecnologica della regolamentazione e al ricorrere dei relativi presupposti, potrebbero essere alternativamente qualificati come “valori mobiliari”, “strumenti finanziari” (diversi dai valori mobiliari) ovvero “prodotti finanziari”.

Ove il token rientri in una delle menzionate categorie, la relativa “offerta al pubblico” svolta in Italia sarebbe soggetta, salvo l’applicazione delle esenzioni previste dalla legge, all’obbligo di pubblicazione di un prospetto ai sensi, a seconda del caso, del Regolamento (UE) 2017/1129 (“Regolamento Prospetto”) ovvero dell’articolo 94 del Decreto Legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“TUF”), prospetto che è soggetto ad approvazione della CONSOB.

In particolare, nell’ordinamento italiano, le offerte di “valori mobiliari” sono ora soggette all’obbligo di pubblicazione del prospetto ai sensi del Regolamento Prospetto, mentre le offerte di “strumenti finanziari” diversi dai “valori mobiliari” sono soggette all’obbligo di pubblicazione del prospetto ai sensi del TUF.

Inoltre, laddove la nozione di “strumenti finanziari” (e di “valori mobiliari”) è armonizzata a livello comunitario, la legge italiana contempla l’ulteriore categoria residuale dei “prodotti finanziari”, i quali includono gli “strumenti finanziari” e “ogni altra forma di investimento di natura finanziaria” (Art. 1, comma 1, lettera u) TUF) e sono anch’essi soggetti all’obbligo di pubblicazione del prospetto ai sensi del TUF.

La disciplina applicabile ai token digitali – e in particolare la riconducibilità degli stessi nell’ambito delle predette categorie – presenta, ad oggi, numerosi profili di incertezza, costituendo un dato condiviso che l’attuale quadro regolamentare in materia di intermediazione finanziaria e tutela dei diritti del consumatore non sia in grado di inquadrare adeguatamente il fenomeno delle cripto-attività.

In tale contesto, la CONSOB ha pubblicato lo scorso 19 marzo 2019 un documento di consultazione dal titolo “Le offerte iniziali e gli scambi di cripto-attività” (il “Documento di Consultazione”). Nel Documento di Consultazione (non oggetto di specifica indagine nel presente contributo), l’Autorità di Vigilanza, da un lato, fornisce alcune indicazioni utili ai fini dell’inquadramento giuridico dei token e, dall’altro, propone l’introduzione nell’ordinamento italiano della nozione di “cripto-attività” e delinea un possibile approccio regolamentare per le offerte al pubblico di cripto-attività di nuova emissione e per la successiva negoziazione sul mercato secondario. Conseguentemente, alcuni token che non sono qualificabili nemmeno come “prodotto finanziario”, potrebbero essere inquadrati nella categoria “cripto-attività” proposta nel Documento di Consultazione dalla CONSOB e, quindi, essere potenzialmente regolamentati dalla futura disciplina legislativa.

Preliminari rispetto ad ogni valutazione in merito alla riconducibilità dei token alle categorie dei “valori mobiliari”, degli “strumenti finanziari” (diversi dai valori mobiliari) ovvero dei “prodotti finanziari” ai fini dell’applicazione della disciplina in tema di prospetto, risultano le considerazioni concernenti la sussitenza di concrete esigenze di tutela dell’investitore, sottese all’intera discplina in questione. Al riguardo, è opportuno sottolineare che la ratio dell’intera disciplina sul prospetto relativo alla vendita o alla sottoscrizione di prodotti finanziari (inclusi gli strumenti finanziari e i valori mobiliari) si fonda sull’esistenza di un need of protection dell’investitore, derivante dalla circostanza che quest’ultimo trasferisce un valore certo (una somma di denaro) in cambio di un prodotto finanziario di valore non altrettanto certo.

Ora, ai sensi dell’art. 1, comma 1-bis, TUF (richiamato di fatto dall’art. 2, par. 1, lett. a)) del Regolamento Prospetto, il quale a sua volta fa riferimento all’art. 4, par. 1, n. 44) della MiFID 2), per “valori mobiliari” si intendono “le categorie di valori che possono essere negoziati nel mercato dei capitali, quali ad esempio:

  1. azioni di società e altri titoli equivalenti ad azioni di società, di partnership o di altri soggetti e ricevute di deposito azionario;
  2. obbligazioni e altri titoli di debito, comprese le ricevute di deposito relative a tali titoli;
  3. qualsiasi altro valore mobiliare che permetta di acquisire o di vendere i valori mobiliari indicati alla lettere a) e b) o che comporti un regolamento a pronti determinato con riferimento a valori mobiliari, valute, tassi di interesse o rendimenti, merci o altri indici o misure”.

In tema di prospetto, occorre inoltre preliminarmente rilevare che la relativa disciplina applicabile in Italia (ai sensi del combinato disposto di Regolamento Prospetto e TUF) prescrive, come sopra anticipato, delle esenzioni dall’obbligo di pubblicazione del prospetto stesso in relazione, inter alia, a offerte:

  1. il cui corrispettivo totale, nell’Unione Europea, sia inferiore a Euro 8 milioni (calcolato su un periodo di 12 mesi);
  2. rivolte unicamente a “investitori qualificati”, nozione che coincide sostanzialmente con i “clienti professionali” ai sensi della Direttiva MiFID 2;
  3. rivolte un numero di soggetti inferiore a 150, diversi dagli “investitori qualificati”;
  4. il cui valore nominale unitario sia di almeno di Euro 100.000,00.

Passando ora all’analisi della definizione di valore mobiliare e alla possibile riconducibilità dei token a tale categoria, occorre innanzitutto rilevare che l’elenco dei valori mobiliari previsto dal legislatore contempla, da un lato, categorie di strumenti ben definite e tipiche (azioni e obbligazioni) e, dall’altro lato, espressioni quali “altri titoli equivalenti ad azioni” e “altri titoli di debito” che, come anche sottolineato da autorevole dottrina, “paiono volte a rendere quanto più esaustiva possibile ciascuna sottocategoria e dunque a ridurre il rischio di problemi interpretativi relativi alla riconducibilità nell’elenco di nuove tipologia di strumenti non espressamente menzionate”. Tale elenco risulta quindi meramente esemplificativo delle diverse tipologie di “valori” che tipicamente costituiscono i “valori mobiliari”, rimanendo tale nozione aperta a catturare nuove tipologie di fenomeni creati dall’innovazione finanziaria che presentino caratteristiche funzionali analoghe a quelle dei valori mobiliari tipici.

In tale contesto, la valutazione in merito all’assoggettamento di qualunque tipo di token offerto al pubblico alla disciplina del prospetto deve quindi essere effettuata, a nostro avviso, comparando le caratteristiche proprie dei tokencon quelle tipiche dei “valori mobiliari”, per verificare l’eventuale compresenza dei seguenti requisiti minimi:

  1. negoziabilità nel mercato dei capitali;
  2. standardizzazione;
  3. comparabilità con l’archetipo degli “strumenti finanziari” in una prospettiva “funzionale” e “sostanzialistica”.

In primo luogo, il requisito della “negoziabilità” va inteso non come effettiva negoziazione, ma quale concreta possibilità di destinare lo strumento alla negoziazione sul mercato dei capitali.

In secondo luogo, il requisito della “standardizzazione” attiene alla circostanza che le unità di strumenti possiedano caratteristiche analoghe e siano tra loro fungibili, di modo tale che sia sufficiente fare riferimento alla tipologia e al numero di unità per negoziarle sul mercato dei capitali.

Infine, per quanto riguarda l’ultimo (e spesso decisivo) requisito della comparabilità con l’archetipo degli “strumenti finanziari” (i.e., “valori mobiliari”) in una prospettiva “funzionale” e “sostanzialistica”, occorre valutare se i tokenpossano ricondursi alle sopra richiamate categorie di “altri valori”, in quanto caratterizzati dagli elementi tipici degli investimenti di natura finanziaria.

Al riguardo, risulta costituire elemento necessario ai fini della qualificazione di un impiego di capitale quale investimento di natura finanziaria, la promessa o l’aspettativa di un rendimento di natura finanziaria, da intendersi quale accrescimento della disponibilità investita senza l’apporto di prestazioni da parte dell’investitore diverse da quella di dare una somma di denaro, unitamente all’assunzione di un rischio direttamente connesso all’impiego di capitale.

Sul punto, la Corte di Cassazione (Sezione Civile) 5 febbraio 2013, n. 2736, ha chiarito che “la causa negoziale è, dunque, finanziaria, in quanto la ragione giustificativa del contratto, e non il suo semplice motivo interno privo di rilevanza qualificante, consiste proprio nell’investimento del capitale (il “blocco” dei risparmi) con la prospettiva dell’accrescimento delle disponibilità investite, senza l’apporto di prestazioni da parte dell’investitore diverse da quella di dare una somma di denaro”.

Tali orientamenti sono stati nel tempo ulteriormente specificati dalla CONSOB, fino a consentire di enucleare i seguenti ulteriori elementi di valutazione al fine di stabilire se un’operazione presenti gli elementi distintivi di un investimento di natura finanziaria: (i) prevalenza del connotato finanziario rispetto a quello di godere e disporre del bene acquisito con l’operazione; (ii) “effettiva e predeterminata promessa, all’atto dell’instaurazione del rapporto contrattuale, di un rendimento collegato alla res” tale da far ritenere che “l’atteso incremento di valore del capitale impiegato (e il rischio a esso correlato) sia elemento intrinseco all’operazione stessa”, diverso dal mero apprezzamento del bene nel tempo, accedendo quindi alla causa stessa del contratto sottostante (cfr. Comunicazione CONSOB n. DTC/13038246 del 6-5-2013).

Occorre infine sottolineare che, nel Documento di Consultazione, la CONSOB ha precisato che nel caso delle offerte di token, “vengono spesso prospettati “rendimenti” che non sono chiaramente ricollegabili ai “rendimenti di natura finanziaria” (requisito quest’ultimo che costituisce uno degli elementi caratterizzanti il “prodotto finanziario” […]). Le ICO (Initial Coins Offerings, ndr.), in base alle caratteristiche dei token offerti, possono determinare negli acquirenti aspettative di rendimenti o ritorni economici rappresentati, a grandi linee, da proventi: (i) in via diretta (rendimenti parametrati all’andamento dei ricavi, dei volumi di beni e servizi venduti o dei profitti dell’iniziativa imprenditoriale; (ii) in via indiretta, correlati al potenziale apprezzamento del valore dei token negoziati in dedicati exchange (che può dipendere dalla positiva performance dell’iniziativa imprenditoriale così come dalle sole dinamiche di mercato)”.